La Chiesa e il ddl Zan

Per il Vaticano il disegno di legge contro l’omotransfobia, attualmente in approvazione al Senato, viola i Patti Lateranensi e ne chiede la rimodulazione. L’evento non ha precedenti nella storia ma Draghi sottolinea la laicità dello Stato

«Il nostro è uno stato laico, non è uno stato confessionale. Quindi il Parlamento è libero di discutere». Sono state queste le parole con cui il premier Draghi è intervenuto due giorni fa al Senato sulla questione ddl Zan e Vaticano. Nel frattempo il presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Ostellari, ha convocato per il prossimo mercoledì un tavolo di confronto della maggioranza sul disegno di legge.

Subito dopo la posizione ferma del primo ministro Draghi, il Segretario di Stato vaticano cardinale Parolin è intervenuto per fare luce sull’origine dell’iniziativa della Santa Sede e sulle sue preoccupazioni. «Concordo pienamente con il presidente del Consiglio Draghi sulla laicità dello Stato e sulla sovranità del Parlamento italiano – ha detto. – Avevo approvato la Nota Verbale trasmessa all’ambasciatore italiano e certamente avevo pensato che potevano esserci reazioni. Si trattava, però, di un documento interno, scambiato tra amministrazioni governative per via diplomatica. Un testo scritto e pensato per comunicare alcune preoccupazioni e non certo per essere pubblicato. L’intervento è stato preventivo proprio per fare presenti i problemi prima che sia troppo tardi. Il disegno di legge è stato già approvato, peraltro, da un ramo del Parlamento. Un intervento solo successivo, una volta cioè che la legge fosse stata adottata, sarebbe stato tardivo. Alla Santa Sede si sarebbe potuto imputare un colpevole silenzio, soprattutto quando la materia riguarda aspetti che sono oggetto di un accordo. La Conferenza episcopale italiana – ha poi spiegato Parolin a Vatican News in merito al perché non sia stata la Cei ad intervenire – ha fatto tutto il possibile per far presenti le obiezioni al disegno di legge. Ci sono state due dichiarazioni in proposito e il quotidiano dei cattolici italiani, Avvenire, ha seguito con molta attenzione il dibattito. Anche la Cei, con la quale c’è piena continuità di vedute e di azione, non ha chiesto di bloccare la legge, ma ha suggerito delle modifiche».

Il ddl Zan contro l’omotransfobia, insomma, continua a dividere: è stato questa volta il Vaticano ad intervenire sulla proposta di legge e per farlo ha chiamato in causa i Patti Lateranensi. Come riportato dal Corriere della Sera, giovedì 17 giugno è stata consegnata presso l’ambasciata italiana una nota a firma del Segretario vaticano per i rapporti con gli Stati monsignor Paul Richard Gallagher in cui si legge che “alcuni contenuti della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”. Per la prima volta nella storia, dunque, la Santa Sede è intervenuta nell’iter di approvazione di una legge italiana esercitando formalmente le facoltà che le derivano proprio dal Concordato revisionato del 1984.

Al comma 1 e 3 dell’articolo 2 dei Patti Lateranensi si legge che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica” e che viene garantita “ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Non un caso di “moral suasion” su una legge controversa, quindi, ma un vero e proprio appello ad un accordo diplomatico. Tra le questioni che sembrano preoccupare la Santa Chiesa ci sono il fatto che le scuole cattoliche non sarebbero esentate dall’organizzazione della futura Giornata nazionale contro l’omofobia – prevista dal provvedimento con lo scopo di sensibilizzazione e far comprendere ai giovani la diversità -, ma anche i più generali timori per la “libertà di pensiero” dei cattolici e delle possibili conseguenze giudiziarie nell’espressione delle proprie idee. «La Nota Verbale della Segreteria di Stato è stata consegnata informalmente all’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede il 17 giugno 2021» – ha precisato la sala stampa Vaticana specificando che l’intervento sul ddl Zan non ha lo scopo di bloccare il disegno di legge ma di “rimodularlo in modo che la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa e sociale liberamente”

A ricevere la nota in modo informale è stato l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani, giovedì scorso durante la conferenza stampa di presentazione dell’incontro Faith and Science: Towards COP26, promosso dalle Ambasciate del Regno Unito e dell’Italia presso la Santa Sede. In quell’occasione monsignor Gallagher avrebbe espresso a Sebastiani le preoccupazioni del Vaticano in merito al disegno di legge, sperando forse in una discrezione che non è stata mantenuta. La questione è stata trasmessa poi dalla Farnesina alla presidenza del Consiglio ed è al momento al vaglio di Palazzo Chigi.

La nota del Vaticano ha riacceso le discussioni intorno ad una proposta di legge già molto contrastata e divisiva. Il primo a rilasciare una dichiarazione sulla richiesta della Santa Sede è stato il segretario dem Enrico Letta ai microfoni di Radio anch’io su Radio 1: «critiche dal Vaticano? Noi aspettiamo di leggere il testo della lettera, ma rimaniamo convintamente a sostegno del Ddl Zan. Naturalmente siamo aperti a valutare i nodi giuridici» – ha detto. Gli ha fatto eco Alessandro Zan, il deputato del Pd tra gli autori della proposta di legge. «Alla Camera sono sempre state ascoltate con grande attenzione tutte le preoccupazioni e come anche confermato dal Servizio Studi Senato, il testo non limita in alcun modo la libertà di espressione, così come quella religiosa. E rispetta l’autonomia di tutte le scuole» – ha precisato il dem, appoggiato dalla responsabile Diritti del Pd, la senatrice Monica Cirinnà. «L’unica certezza è che la posizione del Partito democratico sul ddl Zan non cambia. Abbiamo sostenuto il ddl alla Camera, confrontandoci con le preoccupazioni espresse anche da una parte del mondo cattolico e riuscendo ad arrivare a un testo equilibrato. E stiamo lottando al Senato per riuscire a dare al Paese una legge attesa da decenni e assolutamente urgente. Leggeremo le osservazioni della Santa Sede, se e quando saranno confermate e rese note. E lo faremo con rispetto, ma con altrettanta fermezza sul principio fondamentale di laicità dello Stato. La Santa sede ha il diritto di esprimere le proprie preoccupazioni – ha fatto sapere la Cirinnà – Ma il Parlamento ha il dovere di lavorare per rispondere alle esigenze delle persone, garantendo loro diritti e protezione da discriminazione, violenza e odio».

A rispondere alle dichiarazioni di Letta è stato il senatore leghista e presidente della commissione giustizia a palazzo Madama Andrea Ostellari. «La mia proposta è sempre valida. Riuniamo i presidenti dei gruppi del Senato e i capigruppo in commissione e sediamoci a un tavolo. Le audizioni si possono ridurre. Inauguriamo, finalmente, una fase di confronto, leale e costruttivo. Letta dia seguito a questa apertura e il Pd si sieda al tavolo – ha detto Ostellari. – Sentita la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ho fatto richiesta formale di acquisire il testo della rilevante nota che lo Stato Vaticano ha inviato alla Farnesina. Ai fini del lavoro che sta compiendo la Commissione Giustizia del Senato, è fondamentale conoscere e valutare i rilievi sollevati dalla Santa Sede». Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha invece colto la palla al balzo per sottolineare le contestazioni già fatte dal Carroccio sul disegno di legge. «Del Ddl Zan abbiamo sempre contestato il fatto che fosse un bavaglio nei confronti della libertà di opinione – ha dichiarato Salvini. – Quindi, se c’è la volontà di ragionare insieme su un testo che non intacchi questo principio e che tuteli da ogni discriminazione noi siamo assolutamente d’accordo» – ha concluso, dicendosi soddisfatto per l’apertura alla revisione del testo.

Tutti gli schieramenti politici sono intervenuti nel dibattito. «La posizione di Forza Italia è contro la legge Zan, ma non siamo una caserma e ci sarà qualcuno che può pensarla in maniera diversa. Ma la legge Zan limita gli spazi di libertà invece di farli crescere. Nel contenuto della proposta di legge ci sono posizioni che finiscono per limitare la libertà di opinione e di espressione – ha commentato a Radio 24 il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani. – Riguardo la mossa del Vaticano, c’è un Concordato, loro chiedono il rispetto del Concordato, vedremo la risposta del Governo».

Laura Boldrini del Pd, invece, commenta su Facebook: «il ddl Zan è una legge di civiltà. Punisce i crimini d’odio per omolesbobitransfobia, misoginia, abilismo e promuove il rispetto. Non c’è rischio per la libertà di pensiero poiché esclude la propaganda di idee. Ascoltiamo anche il Vaticano, ma il Parlamento è sovrano». Le fa eco la ministra della Famiglia Elena Bonetti: «per dotare il Paese di una legge che condanni l’omotransfobia va usato il metodo della politica, del dialogo tra i partiti, non del dibattito ideologico». Per il partito Radicale, infine, “le ragioni della Santa Sede per chiedere il rispetto del Concordato sono pretestuose” così come per la senatrice del M5S Alessandra Maiorino “i timori fatti trapelare dal Vaticano attraverso una nota consegnata al gabinetto del ministero degli Esteri, se confermati, sono del tutto infondati”.

Il ddl Zan, dunque, che prevede la modifica degli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, promosso dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020 e rimasto bloccato al Senato per 6 mesi prima di essere calendarizzato, non sembra al momento destinato a vedere la fine dell’iter di approvazione parlamentare. A mettergli i bastoni tra le ruote, dopo mesi di dibattiti, è questa volta niente meno che il cosiddetto accordo di Villa Madama.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA / PAOLO SALMOIRAGO

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