Luigi Di Maio si dimette da capo politico del M5S e nel discorso di addio si scatena contro i “sabotatori interni”
L’orgoglio per le tante cose fatte. L’auspicio che il governo, nonostante il suo passi indietro, arrivi a fine legislatura. Il ringraziamento a chi ha creduto in lui e a chi lo ha sostenuto «in quest’ultimo anno che è stato molto difficile». E anche, forse soprattutto, i molti sassolini da togliersi dalle scarpe nei confronti di chi ha remato contro, «i nemici interni che ci fanno più male di quelli esterni». C’è stato tutto questo nel discorso con il quale Luigi Di Maio, al Tempio di Adriano di Roma, ha rassegnato le dimissioni da capo politico dei 5 stelle. Dimissioni che non significano un passo indietro definitivo dalla politica né dal Movimento. «È la mia vita – dice Di Maio – e agli Stati generali ci sarò anch’io con le mie idee su come dobbiamo immaginare il Paese dei prossimi vent’anni». Per ora le uniche certezze sono che la guida dei grillini, nel percorso che condurrà all’assise «rifondativa» di marzo, sarà affidata a Vito Crimi, membro più anziano del comitato di garanzia, e che Di Maio non sarà più neanche il capo delegazione dei ministri a 5 stelle nel governo, ruolo che potrebbe passare a Stefano Patuanelli, titolare del Mise. Per il resto, il futuro è tutto da scrivere.
Approfondisci: Il Tempo