Nonostante le sentenze abbiano condannato più di venti mafiosi, sull’attentato del 23 maggio 1992 restano ancora molte ombre. Buchi neri, dettagli mai chiariti, piste mai battute. E poi fantasmi che compaiono e scompaiono sullo sfondo del cratere aperto dall’esplosivo sull’autostrata tra Palermo e Capaci
Già, l’esplosivo: che tipo di esplosivo? E perché Riina non fa uccidere il giudice a Roma, dove girava spesso senza scorta? E ancora: c’era davvero una donna sul luogo della strage? Sulla carta è la”più ovvia“delle stragi. Il nemico numero uno di Cosa nostra ucciso da Cosa nostra. E invece di ovvio nella strage di Capaci c’è poco, molto poco. In 27 anni si sono celebrati quattro processi, con più di venti mafiosi condannati all’ergastolo. Un quarto di secolo d’indagini ha ricostruito passo passo la fase esecutiva dell’Attentatuni, il più grande attentato della storia di Cosa nostra. Eppure su quel botto spaventoso che uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani, restano ancora molte ombre. Buchi neri, dettagli mai chiariti, piste mai battute. E poi fantasmi che compaiono e scompaiono sullo sfondo del cratere aperto dall’esplosivo sull’autostrata tra Palermo e Capaci.
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