Nella zona amministrativa speciale vietata per la prima volta, causa ufficiale il Covid, la tradizionale veglia di massa per le vittime del 4 giugno 1989. Promossi piccoli raduni a gruppi di otto, in un clima sempre più teso dopo la stretta normativa sulla sicurezza nazionale approvata da Pechino
E’ dunque il covid, non il Partito Comunista Cinese, che ha imposto al Governo di Hong Kong di proibire – per la prima volta – la tradizionale veglia di commemorazione della strage di piazza Tiananmen sulla spianata di Victoria Park. È il covid, con le norme di distanziamento simili a quelle assunte in Europa – nel caso di Hong Kong divieto di riunione per più di otto persone – che impedirà domani 4 giugno la sola celebrazione su suolo cinese delle vittime di Tiananmen. Un divieto letto come un pretesto, anche in America e nel Vecchio Continente, per mettere la sordina alle manifestazioni democratiche di Hong Kong dopo un anno di scontri, scaturiti dalla proposta di legge sull’estradizione e finiti con l’approvazione della legge sulla sicurezza, che contempla misure assai più forti.
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