Marco Damilano lascia l’Espresso

Il direttore ha annunciato il suo ritiro dopo la notizia della cessione del settimanale “senza una strategia complessiva”

«Questa mattina ho scritto una mail all’ingegnere John Elkann, presidente del gruppo Gedi, per comunicare la mia decisione di lasciare la direzione dell’Espresso, dopo quattro anni e mezzo». Si apre così la lettera con la quale Marco Damilano ha rassegnato le dimissioni dalla direzione del settimanale di Via Po.

L’annuncio è arrivato dopo “avere appreso della decisione di vendere L’Espresso da un tweet di un giornalista, due giorni fa, mercoledì pomeriggio“. Una decisione “che ritengo scellerata” e che il giornalista ha “cercato sempre di fermare“, battendosi “in ogni modo, fino all’ultimo giorno, all’ultima ora“.

«Ma quando il tempo è scaduto e lo spettacolo si è fatto insostenibile, c’è bisogno che qualcuno faccia un gesto, pagando anche in prima persona. Lo faccio io. Lo devo al mestiere che amo, il giornalismo. E soprattutto lo devo alla mia coscienza» conclude.

Nella sua lettera Damilano ricorda commosso il suo percorso nella testata, iniziato proprio il primo marzo del 2001 con “Guido Quaranta, Edmondo Berselli e il mio adorato Giampaolo Pansa. Il direttore era Giulio Anselmi, dopo Claudio Rinaldi. Uno squadrone, la redazione più forte d’Italia, in un Paese dominato da Silvio Berlusconi che di noi aveva paura“.

«Siamo sempre stati schierati, a volte sbagliando, ma mai venendo meno al nostro codice genetico» spiega, senza risparmiare colpi per la crisi che sta inevitabilmente investendo il settore dell’editoria e da cui il gruppo Gedi non è immune.

«In un gruppo che aveva sempre fatto della solidità, della stabilità e della continuità aziendale e editoriale il suo modo di essere, soltanto durante la mia direzione si sono alternati due gruppi proprietari, due presidenti, tre amministratori delegati, tre direttori di Repubblica. E ora si vuole far pagare al solo Espresso l’assenza di strategia complessiva».

Dopo “mesi di stillicidio continuo, di notizie non smentite, di voci che sono circolate indisturbate e che hanno provocato un grave danno alla testata“, è arrivata poi la conferma della cessione dell’Espresso, senza però “la garanzia che questo patrimonio non fosse disperso” e in “violazione del più elementare obbligo di lealtà e di fiducia“.

«È una decisione – conclude – che recide la radice da cui è cresciuto l’intero albero e che mette a rischio la tenuta dell’intero gruppo».

di: Marianna MANCINI

FOTO: MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

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