La sua legale ha chiesto un aggiornamento del processo e una copia autenticata del fascicolo
La seconda udienza a Patrick Zaki si è conclusa con un nuovo rinvio al 7 dicembre. Ad annunciarlo è stato un poliziotto in aula.
La seconda udienza a Mansura, in Egitto, città natale dell’imputato, per il processo a carico di Patrick Zaki (leggi qui della prima udienza del 14 settembre) si è tenuta davanti ad una Corte della Sicurezza dello Stato per i reati minori (o d’emergenza) ed è durata solo due minuti. Secondo quanto riferito da fonti del collegio di difesa, nell’arco di questo tempo la legale Hoda Nasrallah ha chiesto un rinvio per poter studiare gli atti.
Nasrallah, infatti, ha avanzato richiesta per una copia autenticata del fascicolo, finora disponibile solo in consultazione presso uffici giudiziari. Stando a quanto affermato dalla legale, sarebbe stato lo stesso Zaki a volere il rinvio in quanto “non soddisfatto” della difesa proprio a causa della superficialità con cui hanno avuto accesso ai documenti.
Come avvenuto nelle udienze per il rinnovo della custodia cautelare, in aula era presente anche un diplomatico italiano nell’ambito di un monitoraggio processuale Ue che coinvolge paesi extra-europei. Oltre lui, hanno presenziato anche il padre e la sorella dell’imputato e una quindicina tra attivisti e amici.
«Un rinvio abnormemente lungo che sa di punizione – così Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, ha commentato la notizia del nuovo rinvio del processo a Zaki. – Il giudice poteva sì accogliere come ha fatto la richiesta della difesa di un rinvio, ma poteva disporre un rinvio tra una, due settimane. Tra l’altro questa data della prossima udienza, il 7 dicembre, è amaramente simbolica perché segnerà il 22esimo mese di detenzione arbitraria e illegale di Patrick e quindi una sofferenza continua. Abbiamo del tempo davanti per fare qualcosa di importante, di efficace nelle relazioni tra Italia ed Egitto. La richiesta che facciamo è che la diplomazia italiana utilizzi questo tempo nel migliore dei modi».
L’accusa presentata a carico dello studente egiziano dell’Università di Bologna, incarcerato ormai da 20 mesi, riguarda la “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” per tre articoli giornalistici. In caso di condanna, il reato contestato prevede un massimo di cinque anni di carcere, da cui scalare i mesi già trascorsi in cella. La corte, ricordiamo, può emettere una sentenza inappellabile in qualsiasi udienza.
Tuttavia, a differenza di quanto si credeva, le precedenti ipotesi di reato a suo carico di “minare la sicurezza nazionale” e di istigare alla protesta, “al rovesciamento del regime“, “all’uso della violenza e al crimine terroristico“, basate su una decina di post su Facebook, non sono cadute. A renderlo noto è stato l’avvocato dello stesso Zaki. La pena prevista per questo tipo di reati è di 25 anni di carcere, secondo Amnesty International, o addirittura l’ergastolo, come sostenuto da fonti giudiziarie egiziane.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: ANSA