Patrick Zaki va a processo

Oggi al via la prima udienza. L’accusa è di diffusione di notizie false. Rischia cinque anni

Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna, ormai da 19 mesi in custodia cautelare in Egitto, è stato rinviato a giudizio. Il processo non interesserà le accuse, ora cadute, di “rovesciamento del regime” e “crimine terroristico”, ma la “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” per cui Zaki rischia cinque anni di carcere.

Come reso noto da una decina di ONG egiziane, le accuse riguarderebbero un articolo pubblicato due anni fa. «L’accusa di aver pubblicato un articolo in cui racconta i fatti della sua vita di cristiano egiziano non fa altro che confermare che l’unico motivo per privarlo della sua libertà è il suo legittimo esercizio della libertà di espressione per difendere i suoi diritti e quelli di tutti gli egiziani, in particolare i copti, all’uguaglianza e alla piena cittadinanza» – hanno sottolineato le ONG egiziane.

Il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, ha fatto sapere che non è noto al momento quante udienze siano previste e che, per il reato di cui è accusato, la pena per Zaki potrebbero essere una multa o cinque anni di carcere (contro i 25 previsti per le accuse più gravi ora cadute). La legale si Zaki, Hoda Nasrallah, prevede che l’udienza si svolga oggi 14 settembre a metà mattinata.

Patrick Zaki, studente del Master europeo in studi di genere “Gemma” dell’Università di Bologna, è detenuto in Egitto, nel carcere di Torah, dal 7 febbraio 2020 quando, rientrato al Cairo per rivedere la sua famiglia, è stato fermato in aeroporto. Dopo le numerose richieste di scarcerazione arrivate da tutto il mondo e il prolungamento della sua detenzione di 45 giorni alla volta deciso dal Tribunale egiziano (ne abbiamo parlato qui), oggi 14 settembre si terrà la prima udienza del processo. Secondo le denunce di attivisti e legali, nel periodo della sua carcerazione Zaki è stato sottoposto a diverse torture durante un interrogatorio su questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo per i diritti Lgbt. A causa dei frequenti rinvii, Amnesty International ha bollato l’intera vicenda come un conclamato caso di “accanimento giudiziario” nei confronti dello studente egiziano, accusato di propaganda sovversiva.

Le ONG che hanno annunciato l’inizio del processo, tra cui quella per cui Patrick lavorava come ricercatore, l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr), hanno reso noto, inoltre, che le sentenze del Tribunale per la sicurezza dello Stato, davanti al quale comparirà il 30enne, sono inappellabili. La Corte in questione è quella incaricata dei “reati minori”, a Mansura, la città sul delta del Nilo, circa 130 km a nord del centro del Cairo.

«Purtroppo era previsto che con l’approssimarsi della fine della detenzione preventiva dei 24 mesi, da quell’enorme castello di prove segrete mai messe a disposizione della difesa sarebbe stata presa una delle tante per mandarlo a processo. È uno scritto del 2019 in cui Patrick avrebbe preso le difese della minoranza copta perseguitata in Egitto» – ha riferito il portavoce di Amnesty.

Insieme al caso di Giulio Regeni, quello di Patrick Zaki è uno dei punti di maggior attrito tra l’Italia e l’Egitto. Tanto che, a seguito di una mobilitazione nazionale, lo scorso luglio la Camera ha approvato una mozione che chiede al Governo di conferire allo studente la cittadinanza italiana dopo che, a gennaio, il Comune di Bologna gli ha conferito la cittadinanza onoraria.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: ANSA

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