Il doppio volto di Kabul

I talebani promettono ma la gente è terrorizzata. Ue e Usa organizzano l’evacuazione e l’accoglienza degli afgani

Continua la fuga degli afgani dal Paese, dopo la conquista di Kabul da parte dei talebani (leggi qui). In queste ore, a Roma Fiumicino, è atteso un C130 con 85 persone mentre nella giornata di oggi altri due velivoli dovrebbero lasciare la capitale con 150 persone a bordo. «Il nostro impegno – ha spiegato il ministro della Difesa italiano Lorenzo Guerini – è lavorare col massimo sforzo per completare il piano di evacuazione dei collaboratori afghani, degli attivisti e di chi è esposto al pericolo».

Anche gli altri Paesi occidentali stanno procedendo alle evacuazioni del personale d’ambasciata e degli afgani. Secondo quanto riferito da un funzionario Usa, l’esercito militare ha portato fuori dal Paese oltre 3.200 persone a cui si aggiungerebbero 2.000 rifugiati afgani. Il ministero dell’Interno britannico, invece, ha annunciato che la Gran Bretagna accoglierà 20 mila afgani con permessi di soggiorno a tempo indeterminato. Secondo il programma, quest’anno verranno accolte 5.000 persone, dando priorità a donne, bambini e tutti coloro che potrebbero essere presi di mira dai talebani, da elevare poi a 20 mila.

L’Europa, quindi, è chiamata ad agire. «L’Europa sarà all’altezza del compito cui è chiamata per affrontare la crisi afgana – ha assicurato il premier italiano Mario Draghi, riferendo di una conversazione con la cancelliera tedesca Angela Merkel. – Siamo tutti consapevoli che la cooperazione è assolutamente necessaria per affrontare due obiettivi: l’accoglienza e la sicurezza». Draghi ha poi sottolineato come il tema caldo della questione sia l’accoglienza di tutti coloro che negli anni hanno collaborato con i Paesi Ue, “coloro che si sono esposti in questi anni per la difesa delle libertà fondamentali, dei diritti civili, dei diritti delle donne“. Non ha mancato, inoltre, di ricordare i 53 connazionali caduti in questi 20 anni di presenza militare in Afghanistan.

La posizione del primo ministro italiano è condivisa anche dai rappresentanti Ue. «La priorità – ha ribadito un portavoce comunitario – è l’evacuazione degli afghani che lavoravano per gli Stati Ue, ma lavoriamo per un approccio complessivo». Questo e altri punti salienti verranno discussi sul tavolo del G20 che vedrà partecipare anche altri Paesi come la Cina, la Russia, l’Arabia Saudita, la Turchia.

Ieri, inoltre, i ministri degli Esteri dell’Unione europea si sono riuniti in un Consiglio straordinario per discutere della drammatica situazione. Subito dopo sono arrivate le dichiarazioni dell’alto rappresentante per la Politica estera, Josep Borrell. «I talebani hanno vinto la guerra, quindi bisogna parlare con loro per impegnarci in un dialogo con cui evitare un potenziale disastro migratorio e una crisi umanitaria – ha detto. – Il Consiglio ha chiesto l’immediata cessazione di ogni violenza, il ripristino di sicurezza e ordine civile, la protezione e il rispetto della vita, della dignità e dei beni civili in tutto. Una soluzione politica globale e inclusiva e una soluzione duratura del conflitto non dovrebbero essere stabilite con la forza, ma con negoziati significativi basati sulla democrazia, mentre la protezione e la promozione di tutti i diritti umani, in particolare di donne e ragazze, deve essere parte integrante di questi sforzi e le donne dovrebbero essere sostenute e in grado di contribuire pienamente a questo processo».

Dal fronte statunitense, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan ha sottolineato che Joe Biden “si assume la responsabilità di ogni decisione” di Washington. Lo stesso Biden che ora dovrà fare i conti con le indagini fatte partire da tre commissioni del Senato guidate dai democratici (Intelligence, Affari esteri e Forze armate) sull’esecuzione del ritiro. «Sono deluso che l’amministrazione Biden non abbia valutato accuratamente le implicazioni di un ritiro rapido degli Usa – ha osservato il presidente della commissione Esteri Bob Menendez. – Siamo testimoni di risultati orribili di molti anni di fallimenti politici e di intelligence». Allo stesso tempo il presidente ha concordato con il premier britannico Johnson sulla necessità di tenere un summit virtuale dei leader del G7.

Nel frattempo l’Afghanistan mostra un doppio volto. Dopo la presa di potere, i talebani hanno assicurato che non metteranno in atto azioni di vendetta contro gli oppositori: stando alle loro dichiarazioni, l’obiettivo è quello di far sì che l’Afghanistan non sia più “un campo di battaglia né un territorio di droga o di terrorismo“. In conferenza stampa, gli estremisti e il portavoce Zabihullah Mujahid hanno assicurato di non essere più gli stessi che 20 anni fa avevano imposto un brutale regime di terrore, fatto di divieti e restrizioni, lapidazioni ed esecuzioni pubbliche, annullamento di ogni diritto per bambine e donne, in nome della sharia. Questa volta, promettono, i diritti saranno garantiti.

D’altro canto, di fronte alle promesse, la popolazione rimane terrorizzata e sono moltissime le persone che ancora affollano l’aeroporto di Kabul nella speranza di poter espatriare. Diverse sono anche le testimonianze che arrivano dai locali. «Ci sono persone in preda al panico in strada, molte sono donne e bambini – riferisce un ragazzo afgano le cui parole sono riportate da TgCom24. – Ho visto poliziotti levarsi le divise e mettersi addosso abiti tradizionali da civili, simili a quelli indossati dai talebani. Non c’è un’idea chiara di cosa stia succedendo. Le banche non permettono a nessuno di ritirare il proprio denaro. Tutto è collassato in due giorni. Il carcere più grande della città è caduto, i detenuti fanno razzie armati in giro per le case. Sembrava che il Governo centrale potesse garantire la sicurezza a Kabul fino all’ingresso dei talebani ma dato che il presidente è scappato e l’intero Paese è caduto i talebani sono già al potere. Controllano ogni stazione di polizia. Controllano ogni quartiere». E ancora: «Sentiamo sparare di notte e di giorno. Circolano pochi mezzi, qualche privato, qualche camion. Vediamo auto della polizia con a bordo persone con abiti civili ma non sappiamo chi siano».

A preoccupare di più dell’attuale situazione in Afghanistan è la condizione delle donne. Secondo le testimonianze in arrivo da Kabul, le strade sono deserte e le donne si nascondono nelle cantine, le studentesse universitarie hanno distrutto i titoli di studio nel timore di rischiare la vita, politiche e attiviste che temono la caccia in corso “casa per casa” sulla base di liste nere. È il caso di Zarifa Ghafari, la più giovane sindaca del Paese e una delle pochissime donne ad aver ricoperto un ruolo governativo nella città conservatrice di Maidan Shar. «Non so su chi fare affidamento. Ma non mi fermerò ora, anche se verranno di nuovo a cercarmi. Non ho più paura di morire» – dice.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: REUTERS/Stringer

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