L’urgente questione afgana

Usa non si pente della scelta mentre l’Ue e l’Onu chiedono azioni umanitarie congiunte. Continuano le evacuazioni mentre le immagini della fuga fanno il giro del mondo. Facebook blocca i contenuti dei talebani

Biden non si è mai pentito della sua scelta di ritirare le truppe americane dall’Afghanistan, né durante l’avanzata dei talebani né dopo la conquista di Kabul (leggi qui). E l’ha chiarito nuovamente ieri sera quando si è rivolto alla nazione con parole dure, glaciali, ma ferme, senza tentennamenti. «Dovevo scegliere – ha spiegato – se rispettare un accordo sul ritiro preso dal mio predecessore o continuare a combattere i Talebani e rimandare migliaia di soldati di nuovo in Afghanistan a combattere. Io difendo pienamente la mia decisione».

«I leader politici afghani – ha continuato – si sono arresi e hanno lasciato il Paese. Se qualcosa gli sviluppi della scorsa settimana hanno rinforzato, è l’idea che mettere fine al coinvolgimento americano in questa infinita guerra civile sia stata la scelta giusta. Non si può ordinare ai soldati americani di fare un passo avanti se poi i soldati afghani non l’hanno fatto. L’esercito afghano è collassato, in alcuni casi senza neanche combattere. Io sono il quarto presidente a guidare il Paese mentre c’è una guerra in Afghanistan. Non passerò la responsabilità a un quinto. La responsabilità termina con me. Avevamo ben chiari i rischi legati a un ritiro, ma tutto è avvenuto più rapidamente di quanto avevamo previsto».

«Siamo pronti a usare una forza devastante se verranno attaccati i cittadini americani e se verranno interrotte le operazioni di evacuazione da Kabul» – ha proseguito, prima di lasciare la East Room senza rispondere alle domande dei giornalisti.

Una scelta, quindi, una posizione che però non ha trovato il consenso del suo predecessore, Donald Trump, che ha commentato: «l’Afghanistan è il risultato militare più vergognoso nella storia degli Stati Uniti. Non doveva essere così!». E ha aggiunto, in merito alla decisione di ritirare le truppe senza prima evacuare i civili dal Paese: «queste persone hanno lasciato in Afghanistan apparecchiature di prim’ordine e altamente sofisticate. Chi può credere a tanta incompetenza?». Secondo il tycoon, ora, Biden dovrebbe consegnare le sue dimissioni.

Nel frattempo questa mattina il leader dei talebani Amir Khan Muttaqi a Kabul ha iniziato le negoziazioni con altri esponenti politici, tra cui si contano l’ex capo del consiglio per la riconciliazione nazionale Abdullah Abdullah e l’ex presidente Hamid Karzai, per la formazione di un nuovo Governo inclusivo. Come già reso noto dai militanti del recentemente restaurato Emirato Islamico, infatti, l’obiettivo apparente è quello di formare una squadra allargata in cui siano presenti anche altri leader non legati ai talebani. 

Con una nota ufficiale, inoltre, i talebani hanno annunciato l’amnistia generale per tutti i funzionari statali, invitandoli a riprendere il proprio ruolo. «È stata dichiarata un’amnistia generale per tutti (…), quindi dovreste riprendere il vostro stile di vita con piena fiducia» – si legge nella nota. Sono moltissimi, infatti, gli afgani che nelle ultime 48 ore hanno affollato l’aeroporto di Kabul nella speranza di lasciare il Paese, non senza momenti tragici. Hanno fatto il giro del mondo le immagini che mostrano centinaia di persone rincorrere un velivolo, alcune rimanere aggrappate ai carrelli e alla carlinga del velivolo anche dopo il decollo, prima di cadere. Così come ormai è nota la foto che mostra ben 640 afgani a bordo di un C-17 Globemaster statunitense diretto in Qatar. Secondo quanto riferito da un ufficiale della Difesa statunitense, l’operazione di recupero di centinaia di civili, ben oltre la normale capienza del mezzo, si è resa necessaria dopo che, nonostante il divieto, sono riusciti a salire a bordo. «La squadra di volo ha preso la decisione di partire» – ha detto l’ufficiale.

Una fuga generale che, d’altro canto, non incontra l’approvazione dei talebani al potere. «La gente che prova a fuggire all’aeroporto non rispetta né la cultura né i valori afghani. Lasciano a casa donne e bambini per andare verso le false promesse fatte loro dagli stranieri. Dovrebbero stare qui, in un Paese islamico. Nessuno farà loro del male» – ha assicurato il governatore di Kabul. E ha aggiunto: «inizialmente non dovevamo entrare a Kabul subito, erano questi gli ordini. Ma quando abbiamo visto che il Governo aveva lasciato il vuoto in alcune zone, abbiamo ricevuto un contrordine e siamo entrati solo per proteggere le proprietà della gente e i civili. Fino ad ora controlliamo il 70% della capitale, alcune aree sono ancora controllate da squadre di soldati fedeli al governo che non si sono arrese. Risolveremo la situazione e apriremo tutto prima possibile».

Procedono allo stesso tempo le evacuazioni dei Paesi occidentali. Secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa australiano Peter Dutton, il Governo attende che la situazione all’aeroporto internazionale di Kabul si calmi prima di iniziare l’operazione di rimpatrio dei 130 australiani presenti in Afghanistan e per portare centinaia di afgani nel Paese oceanico. Nella notte, inoltre, è atterrato nella capitale il primo aereo dell’aviazione militare tedesca (un A400M) per la missione di recupero del personale tedesco e afghano. «Con le persone da proteggere ora l’aereo è in viaggio per Taschkent/Uzbekistan» – ha twittato il ministero della Difesa tedesco. Stando a quanto emerso, tuttavia, a causa dell’impossibilità di raggiungere l’aeroporto, sull’aereo sono state caricate solo 7 persone della lista ufficiale, di cui cinque di cittadinanza tedesca, un olandese e un afgano. «Speriamo nei prossimi giorni di riuscire a fare un ponte aereo con gli americani. Per questo prevediamo 600 soldati – ha annunciato la ministra della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, in un’intervista di stamattina all’emittente pubblica Ard.

Anche l’India ha sgomberato per il momento l’ambasciata. «Alla luce delle circostanze – si legge in un tweet del portavoce del ministero degli Esteri di Nuova Delhi, Arindam Bagchi – è stato deciso che il nostro ambasciatore a Kabul e lo staff indiano rientreranno immediatamente in India». Ora, in Afghanistan, restano solo tre ambasciate attive, secondo quanto rilevato dalla Bbc: Cina, Russia e Pakistan.

In Occidente, nel frattempo, continua il dibattito sulla gestione della situazione afgana così come sulla necessità di instaurare corridoi umanitari per i rifugiati. «Ricordo a tutte le parti il loro obbligo di proteggere i civili – ha dichiarato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. – Esorto tutti i Paesi ad accogliere i rifugiati afghani e astenersi da qualsiasi rimpatrio. Invito inoltre a fornire agli operatori umanitari un accesso senza ostacoli per aiuti tempestivi e salvavita. Dal Paese stanno arrivando notizie agghiaccianti di gravi restrizioni ai diritti umani. Sono particolarmente preoccupato per le notizie delle crescenti violazioni contro le donne e le ragazze afghane, che temono un ritorno ai giorni più bui. È essenziale che i loro diritti conquistati a fatica siano protetti. Le Nazioni Unite sono impegnate a sostenere gli afgani, continuiamo ad avere personale e uffici nelle aree che sono finite sotto il controllo dei talebani. La comunità internazionale deve unirsi per assicurarsi che l’Afghanistan non sia mai più utilizzato come piattaforma o rifugio sicuro per le organizzazioni terroristiche. Faccio appello al Consiglio di Sicurezza e alla comunità internazionale nel suo insieme affinché lavorino e agiscano insieme utilizzando tutti gli strumenti a loro disposizione per sopprimere la minaccia terroristica globale in Afghanistan e garantire che i diritti umani saranno rispettati».

Un appello condiviso da molti leader europei. La Cancelliera Angela Merkel ha dichiarato: «molte persone cercheranno di lasciare l’Afghanistan e dobbiamo fare di tutto per aiutare i Paesi confinanti a sostenere i rifugiati. Il tema ci riguarderà a lungo. In primo piano ci sono le operazioni di evacuazione. Dobbiamo cercare di portare fuori quante più persone possibile». In merito a quanto accaduto negli ultimi 20 anni, la Merkel ha sottolineato che è stata fatta “una valutazione sbagliata comune” e ha ammesso che “sia stato un errore ritenere che le forze afghane potessero opporre resistenza ai talebani“.

Dal fronte italiano, il premier Mario Draghi ha sottolineato: «l’impegno dell’Italia è proteggere i cittadini afghani che hanno collaborato con la nostra missione e l’Italia è al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani, e in particolare quelli delle donne».

Un’azione comunitaria e internazionale, quindi, sostenuta anche dal presidente francese Macron e dal primo ministro britannico Johnson. Secondo quanto reso noto da Downing Street, infatti, il premier avrebbe avuto un colloquio telefonico con Macron nel corso del quale “ha espresso l’intenzione di organizzare un vertice online dei leader del G7 nei prossimi giorni” sulla situazione in Afghanistan e sottolineando “la necessità che la comunità internazionale si unisca e adotti un approccio come sull’Afghanistan, sia per quanto riguarda il riconoscimento di qualsiasi Governo futuro sia l’impegno a prevenire una crisi umanitaria e di rifugiati“. Iniziativa avallata dallo stesso presidente francese che ha annunciato un’iniziativa europea per “anticipare” e “proteggere contro flussi migratori irregolari importanti“. Macron ha inoltre precisato: «in collaborazione con Germania e altri europei, presenteremo un’iniziativa per costruire, senza aspettare una risposta forte, coordinata e unita».

Una situazione, quella in Afghanistan, dunque che preoccupa, anche e soprattutto per le conseguenze che potrebbe avere sul resto del mondo. E dal mondo occidentale arriva anche un’altra notizia: il colosso dei social network Facebook, insieme alle altre piattaforme del gruppo Instagram e WhatsApp, ha reso noto di aver formato un team di esperti afgani per la messa al bando e la rimozione di tutti i contenuti collegati all’ideologia dei talebani. A riportarlo è la Bbc. Secondo l’azienda fondata da Mark Zuckerberg, infatti, quella dei talebani è un’organizzazione terroristica e vuole interrompere la possibilità di diffusione dei suoi messaggi.

di: Alessia MALCAUS

FOTO: REUTERS/Stringer

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