Sono 11 i capoluoghi di provincia conquistati dai combattenti dello Stato Islamico. Usa non torna indietro sulla decisione di lasciare il Paese
La conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani non accenna ad arrestarsi. L’avanzata (leggi qui) prosegue verso nord: con l’entrata a Pol-e Khomri, capoluogo della provincia afghana di Baghlan, i talebani hanno conquistato fino ad oggi ben 11 capoluoghi e, come affermato da un alto responsabile Ue citato da Reuters, “ora controllano il 65% del territorio dell’Afghanistan“. Secondo la stessa fonte, l’obiettivo è “privare Kabul del supporto delle forze governative stazionate nel nord“.
Dopo Zaranj (sud-ovest), Sheberghan (nord), Kunduz (la principale città del nord-est), Taloqan, Sar-e-Pul e Aibak (nord), i taleban sono ora a Pol-e Khomri: «hanno alzato la loro bandiera nella piazza centrale e nell’ufficio del governatore» – ha detto all’AFP Mamoor Ahmadzai, un membro del parlamento della provincia di Baghlan, di cui la città è la capitale, a 200 km da Kabul.
Caduta anche Farah, capitale della provincia omonima. «Hanno preso l’ufficio del governatore e la sede della polizia. Le forze di sicurezza si sono ritirate in una base dell’esercito» – ha spiegato all’AFP il consigliere provinciale Shahla Abubar. Conquiste confermate su Twitter da Zabihullah Mujahid, un portavoce degli insorti.
Le forze afghane, coadiuvate dal supporto aereo, sono, invece, riuscite a respingere l’attacco a Mazar-i-Sharif, riconquistando il settore di Nahr-i-Shahi. A renderlo noto è stato il governatore della provincia di Balkh, di cui Mazar-i-Sharif è capoluogo, citato dai media di Kabul.
Quest’oggi gli invasori hanno annunciato la riapertura del valico di Spin Boldak, nel sud di Kandahar, adiacente alla provincia pakistana del Belucistan e importante valico con il Paese confinante. Lo stesso era stato chiuso dai talebani lo scorso 6 agosto quando avevano avanzato la richiesta che il Pakistan permettesse alle persone che vivono su entrambi i lati del confine di avere una carta d’identità o una carta di rifugiato.
La violenza iniziata con il ritiro delle truppe degli alleati Nato e fattasi più acuta negli ultimi giorni ha costretto alla fuga decine di migliaia di civili, tra mille atrocità. «Quando ci sono due ragazze in una famiglia, ne prendono una per sposarsi, quando ci sono due ragazzi, ne prendono uno per combattere» – ha detto all’AFP Marwan, una giovane vedova fuggita da Taloqan, in un parco di rifugiati a Kabul. Testimoni raccontano anche di decapitazioni.
Dall’inizio dell’anno, secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), circa 359 mila persone sono state sfollate in tutto il Paese. Sono, invece, 183 i civili uccisi e 1.181 i feriti, tra cui diversi bambini, solo in un mese nelle città di Lashkar Gah, Kandahar, Herat (ovest) e Kunduz. A comunicarlo è l’Onu.
E proprio sulla decisione, a 20 anni dall’11 settembre 2001, di lasciare l’Afghanistan, il presidente Usa Joe Biden si è così espresso: «non ho rimpianti per la mia decisione di lasciare l’Afghanistan. Gli afgani devono avere la volontà di combattere e devono combattere per se stessi, per la loro nazione». Nel frattempo, il portavoce diplomatico statunitense Ned Price ha affermato che le forze governative, per anni addestrate, finanziate ed equipaggiate dagli americani, erano “largamente superiori in numero” ai talebani e avevano “il potenziale per infliggere perdite maggiori“.
di: Alessia MALCAUS
FOTO: REUTERS